Meazza, natività del fuoriclasse

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Disco 70_80
CAT_IMG Posted on 23/8/2010, 13:41     +1   -1




Un secolo fa nasceva il primo, grande divo del calcio

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La donzelletta vien dalla campagna, leggendo la Gazzetta dello Sport e come ogni ragazza, lei va pazza per Meazza, che fa reti a tempo di fox-trot".

Difficile, sempre, identificare l'origine nella specie in una scienza inesatta quale è il calcio. L'eccezione tuttavia c'è, basta cercarla: e nella categoria del calciatore italiano divo, predestinato, fuori schema, fuoriclasse l'origine della specie è Giuseppe Meazza. Goleador e deus-ex-machina, genio e sregolatezza, artista e capitano, piuttosto bello e piuttosto bullo, ricco e idolatrato, adescatore e adescato. Meazza sta agli anni '30 del calcio mondiale come i Beatles agli anni '60 della musica. Ai due estremi del decennio l'inizio e la fine della sua traiettoria: in mezzo, tutto quello che si poteva godere della sua arte pedatoria, per dirla come il vate Brera.


La data che va usata come segnalibro è il 9 febbraio 1930. Il "Peppino" di Porta Vittoria non conta nemmeno anni 20 all'anagrafe e si trova nello Stadio Nazionale di Roma con addosso una maglia di un azzurro molto chiaro, quasi sbiadito. Il Commendator Cittì Vittorio Pozzo, in vista dell'importante incontro con la Svizzera (che tempi) per la Coppa Internazionale sceglie di baciare il rischio: fa fuori il talentuoso asso del Napoli Attila Sallustro e al suo posto inserisce quello che per i tifosi milanesi della ruggente Ambrosiana-Inter era già noto come il "Balilla", fenomeno prodotto in casa, tirato su a bistecche da dirigenti generosi per avere in cambio gol.

Debutto di fuoco, ragazzi. E Meazza, da subito, è film da cassetta: da Milano, per vedere il suo piscinin si muove in treno mamma Ersilia, vedova di guerra che lavora al Verziere, il mercato della verdura. Dalla direzione opposta (Napoli) si muovono invece centinaia di fans di Sallustro intenzionati a contestare Pozzo, l'Italia, il bamboccio che ha spodestato l'idolo: chi pensa in tempi recenti di avere inventato il tifo anti-azzurro ha veramente sbagliato indirizzo. I campanilisti di Partenope fischiano, fischiano e ci si mette pure la Svizzera con doppietta dell'ottimo Poretti (uno che si chiama Poretti deve essere ottimo, per fare due gol all'Italia): leggenda vuole che Ersilia, cuore di mamma, si metta a piangere disperata. Il suo bambino, al contrario, rimane calmo e viene su pian piano come il caffè nella moka: prima borbotta partecipando alle azioni che raddrizzano la partita sul 2-2. Poi, ecco la sbroffata potente, calda, repentina: due gol nel giro di due minuti comprendenti la specialità della casa, vale a dire il tocco, preciso angolato sull'uscita del portiere.

Che esordio, buona la prima: è la promessa (poi stramantenuta) di grandissime cose a venire. Mamma Ersi si asciuga le lacrime, mentre il pubblico - napoletani compresi - agita i cappelli per l'entusiasmo. Da lì, e per quasi dieci anni, Giuseppe Meazza è faccia e piedi dell'italico calcio capace di tutto vincere. Trentatre gol in 53 partite, due mondiali, Coppe Internazionali. Se i francesi - che lo definirono "grand peintre du football", grande pittore di calcio - si fossero svegliati prima col Pallone d'Oro, garantito che ne avrebbe portati a casa due o tre. Ha anticipato i Vieri, i Totti, gli Inzaghi anche fuori dal campo: leggendarie, e per nulla inventate, le sue notti nei dancing milanesi tra tanghi e promiscuità assortite con coniugate, celibi e professioniste. E poi gran macchinoni (altro che l'omonima Balilla), biliardo, sigarette, poker. Per sua fortuna, ha vissuto il tutto in tempi ancora distanti da gossip e cronaca rosa. Per sua sfortuna, e di tantissimi altri contemporanei, ha vissuto il tutto in tempi in cui le "veline" erano tristemente un'altra cosa.


 
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